Condominio

Si ha diritto di collocare un’antenna nell’altrui proprietà solo se è impossibile utilizzare spazi propri

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Con riguardo ad un edificio in condominio ed all’installazione di apparecchi per la ricezione di programmi radio – televisivi, il diritto di collocare nell’altrui proprietà antenne televisive, riconosciuto dalla L. 6 maggio 1940, n. 554, artt. 1 e 3 e del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 231 (ora assorbiti nel D.Lgs. n. 259 del 2003), è subordinato all’impossibilità per l’utente di servizi radiotelevisivi di utilizzare spazi propri, giacchè altrimenti sarebbe ingiustificato il sacrificio imposto ai proprietari” (Cass. 9393/05).
Questo insegnamento fa leva sulla ragionevole considerazione che il diritto predicato dalla normativa invocata incontra il divieto di menomare il diritto di proprietà di colui che deve consentire l’installazione su parte del proprio immobile (Cass. 5299/85), ove l’istante abbia la possibilità di collocare un’ antenna in una parte dell’immobile di proprietà personale o condominiale. Tale diritto non comprende infatti la facoltà di scegliere voluttuariamente il sito preferito per l’ antenna , ma, come è insito nei principi generali in materia di condominio , di atti emulativi e di imposizione di servitù coattive, va coordinato con la esistenza di una effettiva esigenza di soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini (v. D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 91, richiamato dall’art. 209) e quindi con il dovere della proprietà servente di soggiacere alla pretesa del vicino solo qualora costui non possa autonomamente provvedere ai propri bisogni.
Questa interpretazione della disposizione di cui alla L. n. 554 del 1940, art. 1, trovava riscontro nel corpo della stessa normativa, che all’art. 2 stabiliva che le installazioni dell’utente “non devono in alcun modo impedire il libero uso della proprietà secondo la sua destinazione, né arrecare danni alla proprietà medesima o a terzi”.
La norma è stata ora trasfusa nell’art. 209 codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259), rimanendo immutata: essa fa comprendere come il legislatore abbia avuto ben presente (ma v. anche il richiamato art. 92, comma 7, concernente i diritti del proprietario servente) che la limitazione imposta deve essere minima; a maggior ragione non può essere pretesa da chi, con normale impiego di mezzi idonei allo scopo, può provvedervi impegnando i beni condominiali. (Cassazione 9427/2009).
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