Ai sensi dell’art. 81 c.c.,
[I] La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico [2699] o per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell’articolo 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione , obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all’altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti .
[II]. Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell’altro.
[III]. La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio [2964 ss.].
L’obbligazione risarcitoria di cui all’art. 81 c.c. rappresenta una singolare obbligazione ex lege a carico della parte che si avvale del diritto di recesso dalla promessa di matrimonio. Invero – esclusa la configurabilità sia di un illecito extra-contrattuale (in quanto lo scioglimento dalla promessa di matrimonio integra un’espressione del diritto fondamentale della libertà di contrarre matrimonio, con la conseguenza che il recesso, anche se esercitato senza giusto motivo, non potrà mai essere considerato condotta antigiuridica), sia l’inquadramento della fattispecie nell’ambito della responsabilità contrattuale o precontrattuale (posto che la promessa di matrimonio non è un contratto e neppure costituisce un vincolo giuridico tra le parti) – deve ritenersi che l’obbligazione prevista dall’art. 81 c.c. costituisca una particolare forma di riparazione riconosciuta al di fuori di un presupposto di illiceità, essendo ricollegata direttamente dalla legge alla rottura della promessa di matrimonio “senza giusto motivo” (Cassazione 9052/2010)
Secondo un più antico orientamento della Cassazione colui che si avvale della promessa di matrimonio per ottenere dalla donna il consenso ad avere rapporti sessuali, ove tale promessa sia stata fatta con il proposito di non mantenerla o anche soltanto senza una consapevole valutazione delle ragioni ostative all’adempimento, la condotta si pone come elemento costitutivo di un illecito extracontrattuale e rapppresenta una fonte autonoma di responsabilità distinta da quella prevista dall’art. 81 c.c.. (Cassazione 7493/1993 e 846/1979).
Si ritiene che sussista il giusto motivo per il recesso in presenza di quei fatti che, se conosciuti dai futuri sposi prima della promessa, ne avrebbero impedito la conclusione.
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