Il Dott. Magi era presente in platea al Convegno su “Il futuro della responsabilità in rete. Quali regole dopo la sentenza del caso Google/Vividown?”, tenutosi il 21/05 presso l’Università degli studi di Roma Tre. La sentenza da lui redatta ha ricevuto alcune osservazioni critiche dai relatori e francamente ho apprezzato la sua scelta di non replicare. Un giudice dopo aver emesso una sentenza se ne spoglia; spetta agli studiosi ed ai pratici del diritto l’analisi e la critica.
Oggi leggo una nuova intervista del Dott. Magi dove parla ancora della sua sentenza. Allora perché non ha replicato alle osservazioni del Prof. Manna e degli altri relatori ?
Clicca qui per ascoltare l’intervento del prof. Manna Link alla pagina del Convegno (link al sito della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre) .
Un altro elemento che mi colpisce in maniera negativa dell’intera vicenda (qui il relatore della sentenza non c’entra assolutamente nulla) è come uno degli spunti più interessanti che si possono trarre dalla decisione del Tribunale di Milano sia completamente trascurato dai commentatori e dai blog.
Come ho osservato in un mio precedente post, salvo qualche rarissimo caso, contratti, termini di servizio ed informative, si contraddistinguono per prolissità, incomprensibilità e talvolta anche scarsa riconoscibilità. Paradossalmente, nel fenomeno Internet, caratterizzato dalla velocità, dall’accessibilità e dalla facilità d’uso ritroviamo queste vere e proprie zone grigie che rappresentano, dal punto di vista dell’utente medio, un vero e proprio salto nel vuoto.
Se è vero che l’Internet provider non può e non deve impedire la commissione di reati è altrettanto vero che se i più importanti operatori e i fornitori di servizi cominciassero a lavorare a modelli e pratiche contrattuali eque, uniformi ed accessibili, nonché a tipologie di informative standardizzate, facilmente riconoscibili (anche graficamente attraverso simboli univoci) e gradate in funzione del trattamento che si intende fare dei dati personali dell’utente, fornirebbero un importante servizio ai cittadini digitali ma soprattutto a se stessi: le buone pratiche rappresentano a mio avviso il miglior deterrente contro lo spettro di interventi legislativi dannosi e liberticidi e di decisioni intrise di pericolosi moralismi.