L’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni è un tema di grande importanza per il diritto di famiglia, in quanto coinvolge la responsabilità genitoriale e il benessere economico dei figli che hanno raggiunto la maggiore età ma che non sono ancora autonomi dal punto di vista economico.
L’obbligo di mantenimento dei figli è solennemente sancito dall’art. 30 della Costituzione nonché dagli artt. 147, 148 c.c. e dal nuovo art. 316-bis c.c., introdotto dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, i quali non prevedono limiti temporali al dovere di cura dei genitori nei confronti dei figli.
Con l’introduzione dell’art. 155-quinquies c.c., è stato inserito per la prima volta nella legge un espresso riferimento al mantenimento dei figli maggiorenni.
L’art. 155-quinquies c.c. è stato poi riproposto con identica formulazione nell’art. 337-septies c.c., a norma del quale, al primo comma, «Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico».
A dire il vero già prima dell’introduzione delle norme sopra indicate la giurisprudenza e dottrina erano praticamente tutte d’accordo nel ritenere la sussistenza dell’obbligo al mantenimento della prole anche oltre il raggiungimento della maggiore età.
Tuttavia, l’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non è illimitato. Esso cessa quando il figlio raggiunge l’indipendenza economica.
L’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non cessa solo perché il figlio rifiuta un lavoro. Infatti, per esonerare il genitore dal mantenimento non è sufficiente una qualsiasi possibilità di lavoro, anche in presenza del rifiuto del figlio ma occorre un’occasione idonea rispetto alle concrete e ragionevoli aspettative del figlio e che pertanto il suo rifiuto sia privo di un’accettabile giustificazione.
Sulla base degli stessi principi deve escludersi la perdita del diritto al mantenimento qualora il figlio maggiorenne abbia rinunciato alla prosecuzione di un rapporto di lavoro per lui non gratificante e non adeguato rispetto alle sue specifiche attitudini ed al suo percorso formativo, anche per non compromettere il proficuo completamento degli studi universitari nel settore nel quale egli abbia indirizzato tutti i suoi sforzi, interessi ed aspirazioni.
In ogni caso, l’onere di provare la sopravvenuta autosufficienza economica del figlio maggiorenne e della sua eventuale colpa spettano al genitore obbligato a corrispondere l’assegno di mantenimento che ne chieda la revoca: ‘il raggiungimento dell’indipendenza economica si configura come fatto estintivo di un obbligazione ex lege, sicché spetta al genitore, che deduce la cessazione del diritto del figlio al mantenimento, dimostrare che costui è divenuto autonomo ed autosufficiente e non già all’altro genitore (o al figlio) dimostrare il persistere dello stato di insufficienza economica’.
Foto di Midas Hofstra su Unsplash
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