La Cassazione con sentenza 19205/2011 ha stabilito che l’installazione di una caldaia nel vano scala può essere contraria al precetto dell’art. 1102 c.c. poiché tale uso più intenso della cosa comune, di fatto – qualora fosse posto in essere dalla generalità dei condomini (una caldaia per ogni condominio) – potrebbe rendere lo spazio condominiale incompatibile con la sua originaria destinazione. La Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Ancona poiché il giudice di secondo grado non ha eseguito l’accertamento in concreto sulla compatibilità dell’installazione, non solo di una ma di tante caldaie quanti siano i condomini, con la finalità del vano scala di dare accesso alle proprietà individuali.
- La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che al singolo condomino è consentito servirsi in modo esclusivo di parti comuni dell’edificio soltanto alla duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perda la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l’unanimità dei consensi (Cass. nn. 1062/11, 13752/06, 972/06 e 1737/05).
- Nello specifico, la sentenza impugnata ha valutato, per di più in maniera affatto generica quanto alla “parità” dell’uso, unicamente la prima delle due condizioni anzi dette, ossia la potenziale fruizione del vano scala da parte degli altri partecipanti al condominio “per le loro esigenze”, date “le modeste dimensioni del manufatto installato”, senza accertare se l’allocazione (non di una sola, ma) di tante caldaie quanti i condomini sia non solo e non tanto materialmente possibile, ma anche compatibile con l’originaria destinazione del vano scala comune, che nasce per la diversa finalità di dare accesso alle proprietà individuali.