Contributo unificato aumenti 2014
Da ieri è entrato in vigore il DECRETO-LEGGE 24 giugno 2014 , n. 90 – Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari che prevede un nuovo aumento del contributo unificato.
Valore della causa | Vecchio importo | Nuovo importo | Differenza percentuale |
1.100 | 37 | 43 | 16,22 |
Da 1.100 a 5.200 | 85 | 98 | 15,29 |
Da 5.200 a 26.000 | 206 | 237 | 15,05 |
Da 26.000 a 52.000 | 450 | 518 | 15,11 |
Da 52.000 a 260.000 | 660 | 759 | 15,00 |
Da 260.000 a 520.000 | 1.056 | 1.214 | 14,96 |
Più di 520.000 | 1.466 | 1.686 | 15,01 |
Un problema di accesso alla giustizia
Il contributo unificato rappresenta oggi uno degli espedienti messi in campo dal legislatore per ridurre il numero di cause pendenti negli uffici giudiziari. Spesso si tratta di uffici giudiziari che solo a stento e con grande sforzo di fantasia (e conseguente illusione) possono essere considerati funzionanti. Potrei fare degli esempi concreti ma mi astengo.
La giustizia civile, quindi, solo a parole rappresenta una priorità dell’attività d’intervento legislativo dei governi ma in concreto è mera occasione di prelievo fiscale. E’ vero, la giustizia civile è stata da sempre occasione di prelievo fiscale; ne sono convinto da quando 20 anni fa misi la prima volta piede in un Tribunale ed accompagnai un avvocato ad acquistare delle marche da bollo. Vi ricordate ? Quelle che si leccavano ed avevano quel sapore dolciastro, mica le figurine con il codice a barre di oggi.
La differenza tra ieri ed oggi è che tutti gli ultimi governi hanno adottato una strategia punitiva nei confronti del cittadino che intende rivolgersi ad un giudice per la tutela delle proprie ragioni.
Il meccanismo è simile a quello della cosiddetta carbon tax.
La carbon tax è una tassa sulle risorse energetiche che emettono biossido di carbonio nell’atmosfera. È un esempio di ecotassa, che è stata proposta dagli economisti come preferibile in quanto tassa un “male” anziché un “bene”. È uno strumento di politica fiscale secondo il quale ogni tonnellata di inquinamento da anidride carbonica rilasciata dai combustibili fossili sarà soggetto ad un’aliquota fissata dal governo. Dato che è indirizzata contro un comportamento negativo, è classificata come tassa Pigouviana, dal nome di Arthur Cecil Pigou che per primo propose una soluzione al problema dei costi pubblici (Wikipedia).
Insomma, la richiesta allo stato di amministrare la giustizia è un male e quindi va tassato in quanto comportamento negativo.
Ius est ars boni et aequi, scriveva Celso nel II secolo dopo Cristo. Una giustizia che aspirava a valori etici e morali (boni et aequi) attraverso l’opera del giurista, paragonato all’artista, poichè come l’artista vede ciò che altri non vedono.
In uno stato dove la giustizia è considerata come un male, allo stesso modo il concetto di responsabilità è visto come un male. Senza giustizia non c’è responsabilità poichè manca la possibilità di ottenere una sanzione contro l’abuso. Di questo ci accorgiamo ogni giorno sfogliando i quotidiani e nella vita di tutti i giorni, magari ascoltando le chiacchiere intorno mentre prendiamo il caffè al bar con gli amici.
Irresponsabilità e mancanza di tutela, per chi alla giustizia non può accedere per motivi economici, rappresentano espressione di una matrice fortemente autoritaria.
Conseguenza dell’abuso che non abbia possibiltà di trovare tutela nella giustizia, è la sottomissione di chi non può far altro che subire, oppure la sopraffazione attraverso la violenza della giustizia privata. Assistiamo quindi ad una involuzione della società verso la barbarie.
Ma non abbattiamoci. Non tutto è perduto. Dove c’è un’ingiustizia ci può essere un avvocato capace di difendere dall’abuso ed un giudice in grado di ascoltare e con le qualità per decidere.
L’ordinanza collegiale N. 00023/2014 del TAR di Trento
Il TAR di Trento con una interessante ordinanza collegiale ha ritenuto
pregiudizialmente sussistere l’interesse sostanziale e processuale della parte ricorrente ad opporsi al pagamento richiesto con l’atto del Segretario Generale del TRGA di Trento per proporre ricorso avverso gli atti in epigrafe indicati ed impugnati con il ricorso originario ed i successivi motivi aggiunti, sussistendo quindi (cfr. Cons. St., sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131)le condizioni per rimettere all’esame della Corte di giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale di corretta interpretazione della normativa interna in rapporto a quella comunitaria sovraordinata:
– se i principi fissati dalla Direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE e successive modifiche ed integrazioni, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli articoli 13, commi 1-bis, 1-quater e 6-bis, e 14, comma 3-ter, del D.P.R. 30.5.2002 n. 115 (come progressivamente novellato dagli interventi legislativi successivi) che hanno stabilito elevati importi di contributo unificato per l’accesso alla giustizia amministrativa in materia di contratti pubblici.
Il caso riguarda una impugnativa in materia di appalti pubblici. La materia è stata oggetto negli ultimi anni di un intervento pesantissimo da parte del legislatore.
Come adeguatamente riportato nella stessa ordinanza
E’ opinione diffusa in dottrina, tra gli operatori giuridici e tra gli stessi magistrati, infatti, che il Legislatore italiano abbia voluto ostacolare l’accessibilità ai mezzi di ricorso in materia di appalti, rispetto alle altre materie del contenzioso amministrativo, mediante l’imposizione di una tassazione esagerata, illogica, iniqua e sproporzionata, con la finalità di deflazionare tale contenzioso.
Inoltre il collegio osserva che
da lungo tempo il contenzioso in tema di appalti pubblici è governato da un rito processuale speciale, chiaramente ispirato all’esigenza di salvaguardare gli interessi pubblici coinvolti; il che ha condotto il Legislatore all’emanazione di una disciplina tesa ad impedire che il giudice amministrativo, in particolare nella fase cautelare, blocchi o comunque ritardi l’esecuzione dei contratti pubblici, in una materia d’immediato rilievo economico per lo Stato.
Dunque, anche gli elevati e sproporzionati importi del contributo unificato in questa materia sembrano ispirati alla stessa logica di scoraggiare e comprimere il ricorso alla giustizia amministrativa.
Infine, conclude il collegio
Tutte queste rilevazioni evidenziano come e perché la sopra ricordata normativa nazionale si ponga in rotta di collisione non solo con i principi costituzionali di effettività e satisfattività della tutela giurisdizionale (come censurato da parte ricorrente), ma – soprattutto, principalmente e preliminarmente – con la ricordata Direttiva n. 665/89, la quale ha posto anch’essa, come priorità assoluta ed incondizionata, l’esigenza di effettività della tutela del ricorrente, come variabile indipendente dall’interesse alla celere e non ostacolata esecuzione del contratto pubblico.
Come già detto sopra, si ribadisce che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, a sua volta derivato dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU, oltre ad essere stato ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. la giurisprudenza sopra citata ai punti 20 e 25).
L’efficacia dei mezzi di ricorso presuppone, infatti, costi sostenibili e proporzionati al vantaggio che il ricorrente confida di ritrarre dalla controversia, mentre la citata disciplina del contributo unificato in materia di appalti sembra ostacolare il raggiungimento dell’effetto utile perseguito dalla Direttiva n. 665/89. A maggior ragione, in fattispecie di appalti di scarso valore, ma comunque al di sopra della soglia comunitaria, come quello in esame, l’elevato ammontare del contributo unificato rischia di vanificare del tutto l’utilità ritraibile dal ricorso.
Si tratta di un importante provvedimento , che vi consiglio di leggere per la brillante argomentazione e la quantità di spunti che se ne possono trarre; un provvedimento che, se supportato da una pronuncia favorevole della Corte di giustizia dell’Unione Europea, potrebbe aprire una prima breccia sul muro di gomma del contributo unificato e dell’uso distorto e contrario ai principi costituzionali ed al diritto dell’Unione Europea nonchè alle norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che ne viene fatto dal nostro legislatore.
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